Il racconto di Natale di Mad Dog 2021: Alice in Wonderland 2.0

BenvenutƏ a tuttƏ carissimƏ, sono Mad Dog il vostro demone cornuto di quartiere che vi parla! Questo avrebbe dovuto essere la parodia di un libro molto bello che piace al mio creatore. Purtroppo ci siamo resi conto che era troppo difficile da adattare e non volevamo che Frank Herbert ci venisse a cercare, redivivo, per farci fuori dopo aver scritto un racconto parodia su Dune! Quindi visto che mancano davvero pochi giorni a Natale… e il budget per questo genere di cose è sempre più striminzito, anche quest’anno vi beccate un remake di una parodia di dieci anni fa. Questa volta tocca a Alice nel Paese delle Meraviglie! Che Shai-Hulud vi protegga! A me non serve protezione, i vermi della sabbia li mangio a colazione e anche a merenda!

Bando alle ciance quindi ma prima dobbiamo trovare il protagonista di questo nuovo racconto di Natale. Ci troviamo, come forse avrete notato, in una stanza buia, infatti qui a Milano, è notte. Anche nell’oscurità oscura potete notare le action figures e le maglie dell’Inter. Siamo, infatti, nella stanza del mitico Borgo che tante altre volte ho tormentato in questi miei racconti! Sono sicuro che vorrà ancora essere la vitt… ehm l’eroe di questa nuova avventura!

“Borgo sono Mad Dog. Sei convocato per una nuova avventura!” la voce del demone sexy era come sempre gioviale e gagliarda.

Il povero umano si risvegliò ma nei suoi occhi non c’era paura o sorpresa solamente ma una gelida determinazione.

“Basta Mad Dog! Sono stufo di essere una tua vittima! Forza Inter!”

Quindi Borgo premette il pulsante del telecomando della Tsar bomba che aveva comprato a caro prezzo dai russi e che aveva vicino al letto.

“Cazzo!” fu tutto quello che riuscì a dire Mad Dog prima di essere annientato dalla forza della bomba. La città di Milano venne spazzata via così come buona parte della Lombardia e del Nord Italia. Gli Stati Uniti risposero all’attacco ad un paese membro della Nato e distrussero la Russia con altre armi atomiche. Putin prima di perire aveva però inviato il contrattacco. Cina, India e Pakistan lanciarono anche loro le testate che avevano. A causa di un racconto di Natale l’umanità venne annientata… ma iniziamo con il nostro racconto vero e proprio!

C’era una volta tanto tempo fa in una galassia lontana lontana… ah no scusate, ho sbagliato introduzione. Arrakis, Dune, il pianeta… ho sbagliato di nuovo! Ecco ricominciamo. C’era una volta nell’Inghilterra vittoriana, terra di Dracula, Sherlock Holmes, Dorian Gray, Jack lo Squartatore, Peter Pan, Scrooge, il Dottor Jekyll e Mister Hyde, una ragazza di nome Alice Chiara Strazzu che doveva essere data in moglie al vecchio Ambasciatore della Savoia, il noto consumatore di grappa Valberyx Relais-Ganze. La giovane donna non amava affatto l’attempato signorotto che gli volevano far maritare quindi tentò di scappare dalla casa in cui l’avevano rinchiusa. E la nostra storia inizia da qui.

Alice, una ragazza dai capelli neri come la notte e gli occhi vispi e intelligenti, correva a perdifiato. Aveva saltato con un sol balzo le scale della sua abitazione e si stava dirigendo più lontano possibile da quel vecchio inquietante che straparlava di demoni, alcol e diritti civili. Era quasi notte, le strade erano illuminate fievolmente da numerosi lampioni ad olio che lasciavano molte ombre ad incombere per la città di Londra. La ragazza urtò molte persone nella sua fuga prendendo sia gli insulti di qualche passante che i fischi acuti dei poliziotti che pattugliavano le strade. L’Ambasciatore della Savoia le andava dietro come poteva, infatti le sue vecchie gambe afflitte dalla gotta non l’aiutavano. Vide che la ragazza si stava dirigendo verso il famoso cimitero di Highgate. Stava per raggiungere la sua promessa sposa quando una delle gambe cedette con un sonoro “crack” lasciandolo da solo in mezzo alla strada male illuminata. Il dolore era lancinante, acutissimo. E lo fu ancora di più, ma durò molto poco, quando la carrozza dell’Ambasciatore del Gran Ducato di Toscana, Tanabrus, lo investì uccidendolo sul colpo. Tanabrus non si accorse di nulla così come il suo vetturino che continuò imperterrito a puntare verso il Palazzo Reale dove il Re d’Inghilterra, Sara Seranaide, aveva indetto una cena di gala per il matrimonio dell’Ambasciatore della Savoia. Dovete anche sapere che Tanabrus, era molto noto per la produzione del suo famoso caffè che veniva coltivato nelle sue vaste terre intorno a Lucca. Torniamo ad Alice anche lei, inoltratasi nel cimitero, non si era accorta della prematura fine del suo, già defunto, marito. Troppo occupata a scappare non aveva fatto caso allo “splat” che aveva sentito dietro di lei. Ora cercava un buon posto dove nascondersi dagli occhi, seppur afflitti dalla vecchiaia, del suo inseguitore. Proprio mentre stava cercando qualcosa nel parco vide un essere bianco sfrecciare davanti a lei. Sembrava un coniglio bianco ma era più grande di un normale coniglio ed indossava un completo con tanto di panciotto nero e azzurro, occhiali firmati da Armani ed un orologio con la catenella.

“Son in ritardo! Son in ritardo la Regina mi taglierà la testa! Non mi dovevo fermare a guardare quelle conigliette di Playboy che si spogliavano! Stupido Borgo! Stupido!”

L’essere non si era minimamente accorto della presenza di Alice e si buttò a capofitto in un buco nel terreno, abbastanza grande, pensò la ragazza, da far passare anche lei. Alice, quindi, decise di seguire quel coniglio bianco nella sua tana per salvarsi dal suo inseguitore. Appena si infilò nell’anfratto la nostra protagonista venne risucchiata in un tunnel oscuro di cui non vedeva la fine dato che l’oscurità obnubilava la sua vista. Capiva di stare cadendo e pensò che si sarebbe fatta molto male una volta che la sua caduta si fosse fermata, invece, toccò magicamente terra poco dopo senza alcun danno. Dal fondo dell’antro non riusciva a vedere il buco da cui era precipitata e non sapeva nemmeno per quanto tempo fosse precipitata, poteva essere un minuto come un’ora. Aveva perso la cognizione del tempo. Alice si rialzò e si spolverò il grazioso vestito azzurro che ora era pieno di terriccio e fanghiglia. Si guardò attorno e si accorse che l’unica via era perfettamente davanti a lei, un piccolo corridoio illuminato da una lampada ad olio. Dopo averlo percorso si ritrovò in una stanza più grande, una vero e proprio salotto arredato con fine gusto. C’era un caminetto in cui scoppiettava allegro un fuocherello, c’erano alcune poltrone, un divano, una libreria ricolma di strani libri dal poco spessore e dalla bassa altezza. Ne prese qualcuno, c’erano dei disegni sopra, strani disegni. Nella copertina di questo strambo libro c’era una ragazza dai capelli azzurri ed il titolo del tomo che aveva preso era “Evangelion”. Rimise subito a posto quel volume, infatti la sua razionale mente da educata ragazza vittoriana aveva subito pensato che quell’opera letteraria non era fatta assolutamente per lei ma sicuramente per qualche persona assai disturbata nella mente. Decise che era arrivato il momento di uscire da quella stanza (si, lo so cosa pensate, ma il suo cervello in questo momento era troppo impegnato nel razionalizzare quello che aveva visto e non si poneva la questione del perché qualcuno avrebbe dovuto costruire un salotto così in profondità e con un’entrata così strana.). Alice vide che c’erano due porte nella stanza, una piccolina che non avrebbe mai potuto attraversare ed una più grande, a sua misura. Aprì quest’ultima e si ritrovò in una stanza completamente spoglia, grande quanto il salotto. In fondo c’era un’altra porta. Si stava avviando con passo deciso verso il fondo della stanza curiosa di sapere dove portasse la nuova porta quando vide che davanti a lei c’era un topolino di campagna assai strano che la guardava preoccupato. Il roditore aveva in testa un basco nero, un semplice gilet marroncino e stava dipingendo su un minuscola tela. L’oggetto del suo dipinto era un tocco di formaggio con i buchi così tanto succulento che lo stesso topo aveva la bava alla bocca. Purtroppo la nostra Alice aveva paura dei topi quindi non ci pensò due volte e spiaccicò il topolino con la sua scarpa. Quello, impietrito dalla paura, nemmeno si mosse e prima di morire riuscì soltanto a fare un mesto squittio. (Che nella lingua dei topi significava più o meno “Da morto le mie opere varranno di più!”). La ragazza, comunque incuriosita dal dipinto, lo avvicinò agli occhi per vederlo meglio e si accorse che in basso al lato della tela c’era una scritta “Zerov”. Forse quello, si disse, era il nome del topolino che aveva appena ammazzato e si prese il quadro nella speranza che, ora che il pittore era morto, anche se un ratto, potesse valere molto. Alice quindi cercò di avvicinarsi alla porta a cui stava andando prima di essersi fermata per schiacciare l’infido topastro ma più si avvicinava e più il suo obiettivo si allontanava e si rimpiccioliva fino a ridursi ad una porticina di minuscole dimensioni. “Solo un topolino potrebbe passare per questa minuscola apertura” pensò mestamente Alice a cui venne un’idea. Frugò nel gilet dell’animale che gli era rimasto appiccicato alla suola della scarpa. La sorpresa fu grande quando trovò una piccola chiave e un pezzo di formaggio mezzo ammuffito. Dato che la nostra ragazza aveva fame e non mangiava nulla dal pranzo, decise di mangiare quel poco formaggio, giusto per mettere qualcosa sotto i denti. Il formaggio faceva schifo e per poco la nostra eroina non vomitò tutto quel poco che aveva nella stomaco. Questo sarebbe il momento adatto per dire che Alice era una famosa scrittrice di romanzi gotici e si interessava a tutti quello che concerne l’antichità e… i cadaveri! La nostra eroina non sapeva cosa fare ora, decise che almeno avrebbe provato a mettere la minuscola chiave nella serratura della porticina. Ci riuscì, dopo molti sforzi, quasi contorcendosi e riuscì ad aprire la porta la quale, appena apertasi, si ingrandì fino a diventare della sua grandezza. Nella stanza successiva trovò una sorta di grande labirinto formato da dei banconi disposti in modo assai strano, sembrava un mercato ma così grande e così complicato quale non aveva mai visto nella Londra di sopra. Notò che molte specie di animali, tassi, faine, talpe, daini, e chi più ne a più ne metta affollavano questo spazio che le sembrava infinito. All’improvviso però sentì un terribile crampo allo stomaco e si accorse, mentre il dolore aumentava, che vedeva gli oggetti rimpicciolirsi sempre di più. Dopo qualche secondo sentì una botta alla testa e capì che, non era il mondo che era diventato più piccolo ma lei che era diventata un gigante e aveva sbattuto il capo sul soffitto di quella grande sala che ora sembrava invece assai piccola. Alice, disperata per la sua situazione, si mise a piangere, pensando a tutto quello che era successo, alla sua famiglia, al fatto che volessero maritarla con un vecchio orbo. Poteva avvertire fievolmente quelli che le sembravano urli, ma in quel momento non se ne curò molto ancora ingarbugliata nei suoi pensieri. Si accorse, comunque, che sparito il lancinante dolore, stava, pian piano tornando ad una statura normale. Grande fu la sorpresa quando vide che le sue lacrime avevano originato un grande mare in quei pochi minuti in cui aveva pianto. Molti animali erano periti per annegamento e i loro cadaveri galleggiavano sul pelo dell’acqua. “Per fortuna io so nuotare!” pensò Alice notando che alcuni animali e cioè un Dodo, un’Aquila e un Pappagallo stavano precariamente a galla sopra un tavolo. Il Dodo, evidentemente il loro capo, aveva degli occhi vivaci e un bel bastone intarsiato, stava rimproverando i due altri uccelletti più giovani. Il primo, aveva il bel piumaggio ancora nero mentre l’altro, con un piumaggio multicolore come si confà alla sua specie, aveva gli occhiali a lorgnette.

“Il povero Andrea di Lodi non è riuscito a salvarsi! Camilla e Livio potevate aiutarlo! ” disse il Dodo indicando con un’ala un Papero con il bel piumaggio un po’ brizzolato che galleggiava morta lì vicino. Il papero stranamente aveva un taglio di barba alla Dottor Strange.

Mastro Masa non è colpa nostra, nostra, è colpa colpa dell’umana umana!” disse il pappagallo guardando storto Alice. La ragazza, sentitasi presa in causa, volle replicare e quindi si avvicinò alla zattera improvvisata del trio, scansando con disgusto il Papero morto.

“Mi spiace per il vostro amico e per il trambusto che ho fatto…” disse la ragazza veramente dispiaciuta per aver ucciso tanti poveri piccoli animaletti.

“E siamo anche tutti bagnati!” disse l’Aquila

“Per fortuna l’acqua ormai è completamente defluita ed io conosco un modo per asciugarci presto, dobbiamo fare una Corsa Sfiancante di Wonderland™ così saremmo subito asciutti. Poi ragazzina ci darai quello che hai per compensare la perdita della nostra preziosa merce, dei libri della nostra casa editrice!” disse il Dodo tutto serio.

“Cosa sarebbe questa corsa e cos’è Wonderland?” chiese Alice che non aveva mai sentito questo particolare sport e questo luogo di cui parlava il Dodo.

“Wonderland è dove ci troviamo dove regna la Regina di Cuori e il suo consorte. Invece la Corsa Sfiancante di Wonderland™ consiste nel correre tutti in cerchio, si inizia quando si vuole e si finisce quando si è asciutti, si fa il giro che si vuole ma bisogna sempre seguire quello che ti sta davanti. Semplice no?” esclamò l’uccello estinto nel mondo di superficie partendo a razzo seguito dagli altri due uccelli. La corsa non fu affatto facile infatti Alice non aveva ben capito come si svolgesse per bene e, inoltre, evitare i cadaveri degli animali morti non era molto semplice ma alla fine tutti e quattro erano di nuovo belli asciutti anche se molto stanchi. Il Dodo si avvicinò alla ragazza, volendo evidentemente qualcosa in cambio per la perdita della sua preziosa merce ed Alice non trovò nulla di meglio da dargli che il cadavere del topo insieme al suo quadro, che aveva riposto con cura in una della sua tasche dopo aver trovare la chiave della porta minuscola. “Almeno ho la cena pronta!” esclamò il Dodo tutto contento, sbarazzandosi del dipinto, tornando dai suoi compari. Alice si stava avvicinando verso una grande porta da cui poteva vedere un scenario campestre, colline, boschetti di conifere tagliati da sentieri serpeggianti, quando venne fermata da due strane persone. Erano due donne, una con i lunghi capelli rossi, l’altra con i capelli di un colore indefinito, a volte sembravano biondi, a volte di colori ben più strani. Erano vestite uguali, avevano una sorta di pigiama a righe bianche e nere, mentre in testa avevano un colbacco nero.

“Per colpa tua abbiamo perso…” iniziò quella con i capelli rossi.

“…tutti i nostri libri!” concluse la donna con i capelli che cambiavano colore.

“Mi spiace molto di avervi recato danno…” disse Alice, che sinceramente si stava stufando di essere sempre rimproverata dagli abitanti di Wonderland.

“Io sono PincoJulia” disse la rossa.

“…ed io sono PancoSonia” finì l’altra sorella.

“Io mi chiamo Alice, piacere.” disse la ragazza che non sapeva bene come comportarsi con queste due strane persone.

“Per ricompensarci del maltolto…” disse per prima questa volta Sonia.

“… dovrai ascoltare la nostra più lunga ed apprezzata poesia!” finì l’altra.

“Sono sicura che è una bellissima poesia, ma ora io dovrei andare…” Alice non riuscì a finire la sua frase che le due donne intonarono insieme una strana cantilena che la costrinse ad ascoltare la poesia che ora, per il vostro gaudio, leggerete anche voi. Le due sorelle parlavano insieme contemporaneamente come fossero un coro di una chiesa.

“Di letteratura trattiamo in rete,

editiamo poi follemente,

e abbiam raggiunto tante mete,

per essere ricche immensamente,

e tante persone liete,

ci hanno letto immediatamente.

Accoglierem presto sottobraccio,

Una Carpentiera e un Tricheco,

l’urban fantasy per loro non è un lavoraccio,

scrivono di divinità e vampiri senza spreco!

Luca Tarenzi tu sei un mago,

nella scrittura sei un asso!”

“Nel nuovo libro la protagonista è una ragazza”,

Il Tricheco disse forte,

“mezza angelo e mezza ramazza,

con la sua vita data a sorte,

dovrà far la pazza,

per evitare la morte!”

“No davvero”, per dovere

disse la Carpentiera assai ridendo

e il Tricheco con grande mestiere

aggiunse “Il libro attingendo

alla moda del quartiere

venderò esplodendo!”

“Una bella vendita,

devo far fare,

e la mia borsa arricchita,

così tanto da guadagnare,

da campare di rendita,

che il mutuo devo pagare!”

“Io invece…” disse

la Carpentiera, “di vampiri e demoni vado scrivendo,

tante cose straniere come l’apocalisse,

che così la gente faccio impazzendo,

e tantissime risse,

a Biella e a Biveno, stupendo!”

“Luca insieme dobbiam fare,

un nuovo tomo da scrivere,

che sia da mare,

che soldi faccia piovere

e poi tanto brindare,

fino a farci commuovere!”

Aislinn sei nel giusto”

disse il Tricheco

“un progetto robusto

dobbiam far compiere senza spreco

di urban fantasy venusto

e con il demone cornuto come australopiteco!”

Alice stava seriamente pensando ad un modo onorevole per togliersi di mezzo perché quella poesia, di cui non aveva ben capito per niente il senso, era orribile e, aveva notato, aveva fatto scappare tutti gli altri animali che affollavano la sala. Le due sorelle, senza dire altre parole, presero a correre di gran carriera verso il fondo del salone, spingendosi a vicenda senza un motivo apparente che lasciò ancora più basita la ragazza. Alice decise quindi di avventurarsi verso il bosco che aveva visto precedentemente, si inoltrò nel primo sentiero che trovò e ben presto la natura attorno a sé inizio ad essere veramente molto strana. Gli alberi, infatti, aveva lasciato il posto a funghi giganti, dai molteplici colori che incutevano un quieto timore nella ragazza. Si fermò indispettita allorché si accorse che un fungo, ben più grande degli altri, bloccava il sentiero e che uno strano essere si trovava sopra questo fungo. Questo essere era un misto tra un bruco e un essere umano, orribile a vedersi ed emanava un odore nauseabondo. Aveva le testa e il busto di essere umano, poi il resto del corpo era quello di un viscido bruco dalle numerose zampe e con una corta peluria bianchiccia che gli cingeva tutto il corpo da insetto. Stava fumando da un narghilè e stava mangiando una focaccia genovese e nemmeno si era accorto della presenza di Alice, quindi la ragazza si arrischiò a parlare.

“Chi sei?” chiese la nostra protagonista assai curiosa.

“Io sono il Brucaliffo Volpino e tu signorina chi saresti che stai disturbando le mie ore di meditazione?” rispose l’essere i cui occhi continuarono ad essere vacui per l’effetto e la potenza della droga che stava respirando.

“Sono Alice e mi sono perduta inseguendo il Bian Coniglio… poi sono cresciuta a dismisura ed ora… non so più dove andare!” la voce di Alice era triste, si era infatti stancata di tutte queste sue avventure e voleva tornare a casa, per ora il pensiero di doversi sposare con il vecchio e orbo ambasciatore della Savoia era scomparso. La ragazza stava attendendo una risposta dal Brucaliffo ma si accorse che l’essere si era addormentato beatamente, allora, dato che gli faceva schifo toccarlo con le sue manine curate, prese un legnetto e colpì delicatamente l’essere sulla testa. Il brucuomo si svegliò e sembrò vederla per la prima volta, i suoi occhi infatti non sembravano adesso essere più schiavi della droga.

“Per sapere dove andare prima devi capire chi sei, quindi chi sei Alice?” chiese lo strano personaggio mentre aspirava copiosamente il fumo dal narghilè.

“Io sono Alice… sono una ragazza inglese…” rispose la protagonista del nostro racconto assai disorientata dalla domanda del Brucaliffo.

“Non intendo quello. Qual è il tuo ruolo in questa storia? In Wonderland? Ognuno qui ha un ruolo, io sono il saggio Volpino che ti consiglierà su cosa fare, ma il tuo ruolo qual è? Nell’altra storia dovevo essere, per esempio, la Reverenda Madre Rapallo. Purtroppo quella storia non si è realizzata… e tu ti realizzerai in questa Alice?” chiese ancora sibillino il Brucaliffo.

“Non lo so…” disse la ragazza che si stava per mettere a piangere infatti in qualche modo le domande di quello strano essere la toccavano nel profondo, infatti non sapeva nemmeno lei bene chi fosse.

“Ci sono tanti ruoli che potresti ricoprire, la sciocca ragazza che si innamora dello pseudo-vampiro o la giovane dal tormentato passato che è destinata a sconfiggere il male o ancora potresti essere destinata a perdere la testa. La Regina Licia cerca sempre nuove pretendenti… ma… ora devo andare, il fumo è finito… a presto Alice!” disse il Brucaliffo per poi scomparire in una nuvola di fumo azzurrino. Alice non sapeva che fare ma si accorse, cosa che la fece stupire ancora di più, che anche il fungo era scomparso ed ora il viottolo continuava portando ad un giardino ed una casa che assomigliava alle normali case di campagna dell’Inghilterra. Appena Alice riuscì a vedere per bene questo edificio si accorse che aveva le porte spalancate e una marea di utensili da cucina giaceva sul giardino. Molti strani nani da giardino, che raffiguravano creature d’incubo con tentacoli, zoccoli e corna, erano stati danneggiati e distrutti dal lancio degli attrezzi per cucinare. In casa, come appurò ben presto, non c’era anima viva. Da quel che poteva vedere chiunque fossero gli abitanti di quella abitazione erano andati via di gran furia. La ragazza decise di continuare a seguire il sentiero che l’aveva condotta fino a lì e che vedeva in lontananza si divideva in due tronconi differenti. Stava per arrivare all’incrocio quando si accorse che su un ramo di un albero che si trovava accanto a lei si stava materializzando qualcosa di assai strano. L’essere era una sorta di gatto, ma grande come mai ne aveva visti, con il pelo rossastro con alcune righe nere, aveva un sorriso sornione, una bocca troppo larga quasi quanto tutta la faccia. I suoi molti denti erano aguzzi e sporchi di sangue, così come gli artigli. Per completare il tutto questo gatto aveva le corna ricurve da caprone. Alice era sinceramente impaurita da questa apparizione, era l’essere più pericoloso che avesse mai incontrato a Wonderland, questo poteva ben capirlo. La sua risata era gutturale e vulcanica, la osservava di sottocchio divertito.

“M-mi diresti” – iniziò a dire la ragazza che tremava dal terrore ma voleva comunque sapere come tornare a casa – “quale strada devo prendere per andare via di qui?”

“Tutto dipende da dove vuoi andare, piccola umana.” rispose il gatto demoniaco sogghignando ancora di più e mostrando per bene tutti i suoi denti affilati.

“Il dove non ha importanza…” disse Alice che era ancora più confusa e impaurita data la risposta dell’animale.

“E allora non ha importanza nemmeno dove vai piccola umana.” disse il gatto ora ridendo di gusto, aprendo la sua bocca in cui la ragazza poteva finire in un sol boccone.

“Voglio tornare a casa!” esclamò Alice al colmo della paura.

“Non te la fare sotto, piccola umana. Beh, se prendi la strada a destra vai dal Cappellaio, lui è matto. E se vai a sinistra vai dalla Lepre Marzolina. Anche lei è matta. Qui siamo tutti i matti! Ed è bello così cara la mia piccola umana. Non mi sono presentato, che cattivo gatto che sono, mi chiama Mad Dog e sono un gatto del Cheshire. Non so cosa cazzo vuol dire, ma è così che mi dipingono!” le parole del gatto erano veloci e la sua voce sembrava avere il rumore della lava che viene eruttata da un vulcano. Alice comunque si era calmata perché vedeva che il gatto non aveva intenzioni malvagie.

“Ma se sei un gatto come mai ti chiami Cane Pazzo?” chiese Alice sempre perspicace quando c’era da insultare le persone che aveva appena incontrato.

“Non sarebbero fatti tuoi… – disse il gatto sbuffando infastidito – ma io non sono proprio un gatto sono più un demone. Anzi di solito non ho questa forma particolare, anche se qui io sono un gatto in effetti. E’ complicato e la tua povera testolina da umana certe cose non le può comprendere. Ora se non ti dispiace, mi piacerebbe rimanere con te a parlare di Wonderland e della Regina Licia e delle teste mozzate ma inizio ad avere fame e sento che c’è un maialino-bambino qui intorno di cui vorrei cibarmi! A presto piccola umana!” disse il demone gatto sparendo poco a poco.

Alice non sapeva proprio cosa fare, questo paese Wonderland era così strano, così diverso dalla sua semplice e quotidiana Londra. Quasi si pentiva di essere scappata da suo futuro marito. Decise comunque di andare avanti e pensò di andare a trovare il Cappellaio, senza un vero e proprio motivo. Dopo qualche minuto di cammino arrivò alla casa del Cappellaio che trovò fatiscente e a pezzi, un vero e proprio rudere, però davanti alla casa c’era un lungo tavolo apparecchiato alla perfezione per il thè. Notò che a tavola c’era tre strambi individui. Il primo era un uomo normale, con un vestito ricco di pizzi, dai colori sgargianti, con i capelli lunghi castani ed un cappello a tuba più grande della sua testa, il secondo era una lepre grande il doppio dell’uomo, indossava un vestito simile al Cappellaio, il terzo individuo era un Ghiro che dormiva alla grossa facendo da cuscino agli altri due che stavano consumando un thè. La Lepre Marzolina guardò la ragazza appena arrivata e finendo il suo thè disse: “Qui non c’è posto per te, è tutto occupato!”

Comunque Alice, vedendo che c’erano molti posti liberi si mise seduta, perché aveva sete e voleva bere anche lei un po’ della bevanda inglese per eccellenza.

“Mi chiamo Linda e ti rivelo che siamo bloccati in un loop temporale che fa si che sia sempre l’ora del thè, per questo ragazza non c’è posto per altra gente, i posti sono sempre per noi, ci muoviamo per prendere quelli nuovi!” disse la Lepre Marzolina. La Lepre però non disse che era colpa sua se il tempo si fermato, infatti aveva importunato un Signore del Tempo di nome Missy per farla aderire ad un suo progetto. Il progetto era di andare indietro nel tempo e cancellare le ultime stagioni del suo spettacolo teatrale preferito “Dottor Chi” che era degenerato molto ultimamente. La Lepre guardò malamente Alice che stava per assaggiare il suo thè, infatti ormai la ragazza aveva proprio abbandonato le buone maniere vittoriane di casa sua, se tutti qui si comportavano da pazzi, perché non poteva farlo anche lei si diceva? Alice notò che davanti a lei c’era un bel cannolo con la crema pasticcera, un cannolo molto appetitoso, quindi stava per prenderlo in mano quando sentì un grido acutissimo. Era il Cappellaio un accento particolare, forse scozzese o forse di Campobasso che la ragazza non sapeva ben identificare.

“Il cannolo è mio!” urlò il Cappellaio “Non lo devi mangiare te! E’ mio!” – e agguantò il dolce mettendoselo tutto in bocca e mangiandolo in sol boccone – “Io comunque sono Ivano noto come il Cappellaio Matto, Linda la chiamiamo la Lepre Marzolina, non ricordo perché… e poi lei è Rachele. Dorme sempre. Da quando ha pubblicato il suo libro per la Coorte Editore, si è stancata così tanto che dorme sempre! Ed ora levati dai piedi ragazzina che dobbiamo bere il thè è quasi ora!” quindi il Cappellaio che cambiò posto e così anche la Lepre che si portò appresso il Ghiro (o la Ghira? qual è il femminile di Ghiro? Qualcuno lo sa? Aiuto!) usandolo ancora come cuscino. Alice decise di andare via da quel branco di pazzi dato che non era la benvenuta, poi il loro thè era davvero strano, ora le apparivano i colori tutti sballati, tutti più vividi, si chiese che strano thè fosse mai quello che aveva bevuto per farle quest’effetto. Si inoltrò di nuovo per il sentiero che aveva seguito prima e si trovò un tipico giardino all’inglese, pieno di rose rosse e di alberi dalle chiome anch’esse rosse. Sentiva che c’era un strano odore metallico nell’aria, un odore che capiva e non capiva cos’era allo stesso tempo. Notò che delle carte da gioco dalla forma umana stavano portando via dei corpi di uomini-carte senza testa e che lì vicino a loro c’era un gruppetto di persone di cui conosceva solo il Bian Coniglio. La ragazza gli andò incontro e capì che aveva davanti la Regina di Cuori di Wonderland e quindi si inchinò con rispetto. La Regina di Cuori era una donna bassa, con dei cappelli rossi cortissimi, un vestito assai elaborato, di stile vittoriano, in cui campeggiava in bella evidenza in molteplici forme il simbolo dei cuori. La corona della Regina Licia era formata da cuori umani cuciti insieme e infusi nell’oro. Accanto a lei c’era il Re di Cuori noto come il Falco, vestito in maniera consona ad un regnante come lui, con molti gradi militari e con una corona simile a quella della sua Regina, era di poco più alto della Regina. Inoltre c’era pure Sergio il Fante di Cuori, che portava un elmo pieno di arabeschi che rappresentavano lo stemma della casa reale e, stranamente, dei dinosauri ed aveva un’armatura brillante e assai pesante almeno così sembrava dal modo in cui si incurvava la schiena dell’uomo. La Regina, che aveva le pupille a forma di cuore stilizzato, guardò stranamente la nuova venuta.

“Chi sei tu ragazzina?” disse la sovrana con la sua voce chiara e squillante squadrando dall’alto in basso, per quanto poteva fare con la sua modesta altezza, la giovane che aveva davanti con quel ridicolo completino bianco e azzurro.

“Mi chiamo Alice, sua altezza reale, e vengo dalla Londra che sta di sopra.” disse la ragazza ancora inchinata.

“Ci manca un giocatore per giocare al Croquet di Wonderland™, uno dei giocatori aveva fatto un punto contro di me e quindi ho dovuto tagliargli la testa, così come all’arbitro e ad un tizio che passava, sai, non aveva letto i miei libri. Tu li ha letti vero? Le Fantastiche Cronache di Wonderland™…” chiese la Regina Licia sibillina.

“No io…” ma Alice non riuscì a finire la frase che la Regina urlando la interruppe.

“Cosa? Tagliatele la testa!!!!” la faccia della Regina era diventata paonazza dal furore ma venne presto calmata dal Re di Cuori che le poggiò una mano sulla spalla.

“Cara, lei non abita qui è normale che non sappia dei tuoi libri, falla portare dal Grifone alla libreria della Falsa Tartaruga… così potrà anche leggere i miei di libri, Estasiato di Wonderland™, Il Prodigioso di Wonderland™ e tutti gli altri come il libro che ho scritto per la Coorte Editore dal titolo Gli anni compiuti di Wonderland™. Tutti libri bellissimi, che vendo ad un prezzo modico, addirittura se li prendi tutti ne hai uno in regalo!” disse il Re di Cuori che era un grande venditore e sapeva destreggiarsi molto bene nel marketing. Presto Alice, senza che potesse obiettare qualcosa, venne presa malamente da un Grifone che era sbucato dal nulla e portata in volo verso un Castello tenebroso che rappresenta, anch’esso, nelle forme il raccapricciante simbolo della casa regnante.

“Quello è Castel Mondador, il Castello della Regina e del Re di Cuori. Io comunque sono Odry, piacere di conoscerti.” disse l’animale che la stava trasportando con la sua voce graffiante ed inumana.

“Il piacere è tutto mio, mi chiamo Alice.” disse la ragazza mentre veniva sballonzolata nelle zampe del Grifone.

Il volo non durò molto e presto atterrarono sul tetto di un torrione sinistro e pauroso, con i merli a forma di cuore. Il Grifone indicò con una zampa la porta che portava al pieno di sotto della torre.

“Dobbiamo passare dalle prigioni prima, è lo standard per chi come te si perde qui a Wonderland. Così puoi vedere come non devi sbagliare… ah e Francesco a me e a Pamela ci fa fare sempre gli stessi personaggi. Che stronzo!” disse l’animale in maniera misteriosa. La ragazza si chiese che genere di detenuti ci potessero essere nella prigione e tremò di paura pensando ai personaggi che aveva incontrato a Wonderland e che erano perfettamente in libertà. “Chissà come saranno questi detenuti…” pensò.

Scesero delle scale scure e malandate, per poco Alice non si fece tutti gli scalini in discesa libera, ma alla fine arrivò ad un corridoio molto lungo, stranamente più lungo di quanto potesse far pensare la torre da fuori, attorniato da celle in cui si potevano vedere i vari detenuti. Nella prima cella che incontrarono c’era una ragazza, che avrebbe potuto avere l’età di Alice, completamente vestita di bianco, anche la sua pelle era assai cerea, sembrava che si fosse immersa nella farina. Si muoveva piano, guardandosi con curiosità morbosa le dita delle mani e facendo esclamazioni felici a tutti i piccoli granelli di polvere che vedeva danzare nell’aria.

“Quella è la Lilletta, la Regina Bianca, una volta era un’appassionata di libri ma poi ha bevuto troppo thé del Cappellaio… e beh, da allora è sempre fatta come una scimmia. La Regina Licia non può tagliarle la testa, il thè l’ha resa immune alla morte. Però l’ha fatta completamente impazzire!” disse il Grifone (o la Grifona? Perché l’italiano ha tutti questi termini maschili porco me stesso? Ma la volete fare una lingua più inclusiva?), anche abbastanza divertita da quella visione.

Nella cella esattamente davanti a quella della Regina Bianca c’era invece una donna interamente vestita di nero, con un vestito vittoriano molto dark, noi diremmo che fosse gothic ma Alice non sapeva cosa volesse dire quel termine, quindi le sembrava solo molto dark. La pelle della donna era pallida mentre i capelli, erano scuri, ma era un nero diverso da quello che Alice aveva sempre visto. Quello era il nero del buio, dell’oscurità senza luce. Un nero che inghiottiva gli altri colori e la luce stessa, infatti riusciva difficilmente a scorgere i capelli di questa figura che la osservava malamente da dietro le sbarre della sua cella.

“Quella invece è Arianna, la Regina Nera, il suo regno è stato inglobato dalla Regina Licia tempo fa, nel suo caso è ancora viva perché si teme che se l’ammazziamo una tremenda maledizione cadrà su di noi. Una maledizione “metal”, che nessuno sa bene cosa voglia dire. La Regina Nera per sconfiggere la nostra di Regina aveva evocato lo stesso Cthulhu ma questi, non si sa ancora perché, si è rivoltato contro di lei e le ha mangiato il marito il Re Nero e tutto l’esercito. Qualcuno dice che abbia sbagliato l’evocazione e che Cthulhu le si sia rivoltato contro. Lei da la colpa a Mad Dog… dice che… sia stato lui ad arrivare e non quel gigantesco mostro tentacolare. Ah si, tu non sai nemmeno cosa sia Cthulhu… dicono che sia un Principe tra i suoi simili, una divinità antica che riposava in fondo al mare. Per fortuna io non l’ho mai visto! Continuiamo però!” disse il Grifone.

Alice non sapeva cosa pensare di tutta questa gente che vedeva nelle celle, era gente veramente strana e pessima per il suo modo di vedere. Continuarono comunque ad andare avanti, finché non trovarono una cella piena di sangue, ossa mangiucchiate e con pelo di pecora tutto sparso ovunque. Appena si avvicinarono Alice sentì un miagolio fievole fievole e capì che da lì era passato qualcuno che aveva già incontrato.

“Oibò!” – disse il Grifone effettivamente sorpreso – “Cosa è successo qui? Qui c’era la Pecora Influencer di cui non posso dire il nome. Pensava di essere più bella della stessa Regina e per questo l’avevamo messa via per la Pasqua di Ido… sai quando il nano andò in fondo al mare… ah, si tu non hai letto i libri… ora però lo saprai! Andiamo avanti…”

Stavano per superare un’altra cella quando l’uomo che era dentro venne avanti e attirò l’attenzione di Alice.

“Tu sembri una normale!” disse l’uomo assai sollevato di incontrare un essere umano come lui “mi chiamo Mario Pasqualotto, sono uno scrittore. Ieri sera, ero a Lucca, per concludere degnamente la serata, ho bevuto la grappa di uno strano tipo… un certo Valberici… ed ora sono qui! Non capisco se sono completamente ubriaco o se sono veramente finito nel Paese delle Meraviglie… anche se è diverso da quel che ricordo… mi puoi aiutare ad uscire di qui?” chiese l’uomo, che Alice notò aveva i capelli e la barba lunghi ed un vestito che poteva essere anche bello se non fosse stato tutto stropicciato dalla permanenza nella cella. La ragazza, comunque, al sentire il nome “Valberici” che ricordava molto il nome del suo futuro marito, decise di non dare confidenza a quel tipo e, anche se continuava a chiamarla, con quel suo strano accento, che noi sappiamo essere emiliano, lei lo ignorò ed andò via. Dopo altre celle, il Grifone la fece fermare davanti ad un’altra gabbia, in cui c’era un guerriera vestita di tutto punto, con tutta l’armatura, completamente bianca che ormai si era arrugginita. Il simbolo che campeggiava nell’armatura e veniva ripetuto anche nel lacero mantello era una esse allungata. Non poteva vedere la faccia della donna perché aveva la celata calata e vedeva che era stata saldata per non poter essere più alzata.

“Quella è il Ciane Nemo, la Guerriera Bianca, Paladina del Sacro Esselunga. Tentò di liberare la Regina Bianca e disse che avrebbe precipitato la Regina Licia nelle segrete per aver usato una volta i servigi dell’ex Cavaliere Nero, chiamato Carrefour, per questo la nostra Regina ha deciso che Ciane non avrebbe più visto la luce del sole e ha fatto saldare la celata del suo elmo per sempre!” il Grifone, notò la ragazza, era comunque spaventato da questa tipa, che per quanto fosse dietro la cella, in catene, aveva ancora un qualcosa di regale in sé. Arrivarono alla fine all’ultima cella abitata da un prigioniero davvero strano, questi era una ragazza che sembrava normale con un guscio di uovo gigante in testa. Questa prigioniera era imbavagliata.

“Lei invece è Daniela ma è nota con il suo nome da criminale Humpty Dumpty anche se non abbiamo capito perché abbia scelto questo nome. E’ una sobillatrice, voleva sollevare il popolo contro la Regina, dicendo che i suoi libri non sono belli! Inoltre fa dei disegni molto spinti, non sono cose che possiamo accettare nel nostro paese! La Regina Licia non ha ancora trovato una giusta punizione per la sua sfacciataggine!” disse il Grifone compiaciuto adesso di essere arrivato alla fine di quell’interminabile corridoio di celle. L’animale aprì l’immenso portone e si ritrovarono in una libreria piana di tomi, traboccante di libri. Venne incontro a loro una Tartaruga, che salutò calorosamente il Grifone per poi porgere la zampa ad Alice, che la strinse prontamente.

“Io sono Pam la Finta Tartaruga, anche se sono una vera Tartaruga ma una volta, molto tempo fa, ero la sarta di corte della Regina Licia, ma lei un giorno non apprezzò più i miei vestiti e decise di tagliarmi la testa. Quando lo fece, ritrassi la testa e mi finsi morta, da allora faccio finta di essere una Falsa Tartaruga e lavoro in questa libreria. Immagino che tu sia qui per leggere i libri della Regina ed ora lo farai, ma prima devi assolutamente sentire la mia ultima poesia… eccola qui!

Oh che bel vestito, ricco e traboccante

che ho cucito per la Regina svolazzante

Chi a questo vestito mai resister potrebbe?

Vestito vittoriano, oh che bel vestito!

Vestito vittoriano, oh che bel vestito!

B-e-e-e-l v-e-e-s-t-i-i-t-o-o

B-e-e-e-l v-e-e-s-t-i-i-t-o-o…” la Finta Tartaruga non riuscì a finire la sua orrida poesia perché venne interrotta dal Grifone.

“Dobbiamo andare, incomincia il processo, ho sentito la campana suonare…” disse il Grifone che in realtà non aveva sentito nessuna campana ma voleva andare via al più presto da quello strazio infinito. Il Grifone agguantò Alice e la portò in alto, in alto, fino a sbucare, grazie ad un buco nel soffitto nel cielo, per poi ributtarsi in picchiata in basso, fino ad arrivare ad un’aula di tribunale che non aveva tetto e che “cresceva” nel mezzo del giardino inglese. La sala era affollata di carte umane e animali. I banchi della giuria erano affollati da animali con delle ridicole parrucche bianche. Al banco degli imputati c’era il Fante di Cuori, mentre come giudice c’era il Re di Cuori e la Regina fungeva da boia avendo preso in mano la lunga spada a due mani, con la lama color ebano, che usava per tagliare la testa a chiunque non le stesse a genio. Sul banco dei testimoni si era appena seduto il Cappellaio, che non era molto tranquillo di stare vicino alla Regina di Cuori, perché tempo fa gli aveva venduto una partita di thé difettoso e aveva paura che se ne ricordasse. Infatti appena la Regina lo vide, strinse gli occhi che diventarono solo due fessure fiammeggianti, e alzando la spada, con un colpo secco decapitò il Cappellaio senza lasciargli scampo. Nessuno sembrava particolarmente sorpreso o scandalizzato da quello che era successo e presto portarono via il corpo del Cappellaio. Alice e il Grifone si sedettero in prima fila per assistere al processo, infatti la ragazza era molto interessata a quanto stava avvenendo. Dopo che le guardie ebbero portato via il cadavere del Cappellaio, la cui testa continuava imperterrita a cercare di bere il thé che era caduto dalla tazza durante la sua decapitazione, arrivò il nuovo testimone. Questi era un uomo alto e magro, vestito come un nobile, aveva grandi baffi neri e una parrucca nera con molti boccoli.

“Sono il Duca Furchì, suddito della Regina di Cuori ed Esimio Graphic Designer…” disse l’uomo appena si sedette con il suo accento tipico della landa di Torino. La Regina lo osservò pulendo diligentemente con un panno la lama sporca della sua spada poi gli disse: “Pensi che i miei libri siano belli?” e lo disse in una maniera che non concedeva eccezioni. Il Duca purtroppo era un tipo molto particolare come tutti gli abitanti di Wonderland. Infatti il Furchì era un grande sofista e bastian-contrario e doveva, per forza, ribatte in qualche modo alla Regina.

“Vede Regina Licia, in realtà visti da un punto di vista socio-economico-cultura-metafisico-quantico quello che scrive nei suoi libri rappresenta un’evoluzione stilistica e contenutistica-filosico-material-lucciosa rispetto ai suoi primi libr…” il nobile non riuscì a finire la frase che già la sua testa stava rotolando sul terreno, in maniera assai allegra almeno giudicando dalla risata del Fante di Cuori. La testa finì vicino al piede della povera Alice che poteva vedere come erano sorpresi gli occhi del Duca in punto di morte. Venne poi chiamato al banco dei testimoni un ragazzo con un completo impeccabile completamente bianco, militare, con le spalline con i gradi d’oro e viola.

“Sono l’Imperatore di Oz e sono qui in vacanza a Wonderland… ho letto i libri della Regina e li trovo carini…” disse il ragazzo ma il commento non piacque alla Regina che era arrabbiata perché non aveva avuto il tempo di pulire la lama della sua spada. La Regina, quindi, tentò di tagliare la testa all’Imperatore di Oz ma prima che potesse farlo il ragazzo era scomparso in una giostra di luci colorate. Il Bian Coniglio guardò Alice e poi disse a gran voce: “Si chiama al banco dei testimoni Alice dalla Londra che sta di sopra!”

La ragazza era assai stupita di essere stata chiamata a testimoniare non sapeva sinceramente cosa dire e soprattutto non aveva capito cosa avesse fatto il Fante di Cuori per essere un imputato quindi chiese lumi al Re di Cuori che la guardò come si guarda una macchia di fango sulla scarpa e disse: “E’ ovvio! Non lo sai? Il Fante di Cuori ha osato dire che il suo libro o era il suo podcast, non ricordo, è più bello dei libri scritti dalla mia consorte. Dobbiamo appurare se abbia veramente detto questa cosa o no e decidere la sua sentenza!” disse il Re di Cuori

“Allora cosa sai di quanto è successo ragazzina?” disse la Regina di Cuori scrutando Alice e pulendo di nuovo la lama della sua spada che si era nuovamente sporcata di sangue.

“Non so nulla, lo giuro! Non ero presente quando è successo!” disse Alice, che aveva paura anche lei di rimetterci la testa.

“Quindi dici che è successo! Abbiamo le prove! Tagliamo la testa al Fante!” urlò la Regina di Cuori balzando addosso al Fante e tagliandogli di netto la testa ed un braccio, che il povero cavaliere aveva alzato per proteggersi. A questo punto successe qualcosa di strano, ancora di più strano di quanto fosse già accaduto, Alice notò che si stava ingrandendo, che stava crescendo… forse era colpa del thé che aveva bevuto prima, pensava. Comunque era diventata un gigante.

“Non è giusto che lei diventi così grande, non può crescere così qui! Anch’io voglio essere gigante come lei che pizza! Forse se fossi così grande come lei non sentirei tanto freddo!” disse un componente della giuria, una lucertola di nome Federica Venefica, così come c’era scritta nella targhetta che aveva attaccata sulla pelle squamosa. Alice odiava le lucertole, erano brutte e squamose, per questo la schiacciò senza problemi, uccidendo la povera bestiolina all’istante. Un’altra donna che faceva parte della giuria, e che dalla targhetta si capita che il suo nome era Simona, stava mangiando allegramente dei pop corn e bevendo del vino da una brocca come se fosse tutto normale intorno a lei. La donna non sapeva come fosse capitata in questo strano mondo, l’ultima cosa che ricordava era che aveva provato una strana grappa piemontese. Comunque questo mondo era sicuramente molto più divertente di quello da cui proveniva con la pandemia e tutto il resto! Subito dopo apparve il gatto demoniaco ma solo la sua testa che si trovava esattamente davanti alla faccia di Alice. Mentre la Regina sbraitava di tagliare la testa alla ragazza e il Bian Coniglio cercava una lama abbastanza grande per farlo, il gatto demoniaco le parlò con la sua voce grottesca.

“E’ ora di tornare a casa ragazzina. Dovevi salvare questo mondo dalla pazzia pazza e malvagia della Regina di Cuori ma non ci sei… – A quel punto si udì uno “splat” per errore Alice aveva calpestato la Regina Licia uccidendola sul colpo e staccandole la testa, Mad Dog quindi, sorpreso continuò – Uhm penso che anche così vada bene… è ora di tornare alla tua Londra! Dormi ragazzina, dormi!” Tutto intorno a lei si fece oscuro e confuso e ben presto cascò di nuovo nell’oscurità oleosa per poi svegliarsi, senza poter capire quanto tempo fosse passato, nel cimitero di Highgate in cui si era rifugiata per sfuggire al suo futuro marito. Era cascata in una buca, ecco cos’era successo, inoltre con il suo peso aveva ucciso anche quel coniglio bianco che aveva visto prima di svenire. Mezza intontita decise di tornare a casa e pensò che alla fine forse non era così male sposare l’Ambasciatore della Savoia. La ragazza anzi era pure contenta, aveva voglia di sposarsi e vivere una vita felice e normale. Non possiamo sapere cosa sarebbe successo, come sarebbe andata avanti la sua vita perché una carrozza la prese in pieno uccidendola sul colpo. L’occupante della carrozza, l’Ambasciatore del Gran Ducato di Toscana dal ritorno dal party a corte del Re Sara, non si accorse di nulla come al solito anche perché era ancora sconvolto dalla notizia della tragica morte dell’Ambasciatore della Savoia. Tanabrus si chiedeva:

“Chi mi porterà adesso la famosa grappa di Savoia?”

Così cari miei finisce questo racconto di Natale! Chissà se indovinate quale sarà il libro che verrà parodiato l’anno prossimo! Comunque spero che anche voi abbiate gustato una cena succulenta per la Vigilia come ho fatto io e vi stiate apprestando a digerire il cibo del Pranzo di Natale. Con tutto il quore vi auguro Buon Feste, spero che abbiate ricevuto quello che volevate, nel caso lamentatevi con chi vi ha fatto i regali scrausi… MUAHAHAHAHAHAHAHHH”*

*Questo è il Mad Dog del Natale Futuro che vi parla. Si spera che l’anno prossimo il mio padrone non faccia lo scansafatiche come quest’anno e che scriva una parodia nuova e non faccia un nuovo “remake”.




The End


Erano passati venti anni dalla distruzione di Milano e dell’Italia del Nord. Venti anni da quando la guerra nucleare aveva portato la devastazione di buona parte dell’Europa, dell’Asia e degli Stati Uniti. Uno dei pochi luoghi, nel Vecchio Continente, in cui c’era una parvenza di normalità era il Regno della Regina Francesca Dani che comprendeva parte dell’Italia Centrale e dell’Italia Meridionale. La Regina era nota per le sue grandi competenze in materia di luoghi abbandonati e radioattivi, ed era diventata rapidamente la leader di quello che rimaneva dell’Italia. Adesso la Regina si trovava nel luogo dove era iniziato tutto. Schermata con le migliori e più moderne tecnologie adattate dopo venti anni di convivenza forzata con la devastazione nucleare. Tramite la visiera del suo casco la Regina Dani vedeva quello che aveva causato tutti i loro problemi e l’unica cosa che rimaneva in quel luogo ora impervio e devastato. Un demone brutto e contorto, cristallizzato dalla forza dell’esplosione atomica nell’ultima posa che era riuscito ad assumere. Un bel dito medio! La Regina fece l’unica cosa che poteva fare in questo caso. Diede un calcio nella palle al demone cornuto il cui corpo si frantumò in tanti pezzettini che poi si ricomposero facendo tornare il demone alla normalità.

“Vent’anni in quella posa stupida! Dovevo scegliere di meglio!” disse il demone che aveva ancora la bocca impastata da anni di polvere radioattiva.

“Adesso che ti ho liberato, poni rimedio a questo problema che hai causato!” disse la Regina il cui tono non ammetteva repliche.

Il demone cornuto non se lo fece ripetere due volte. Voleva salvare il suo amico Borgo, doveva farlo! Sennò chi avrebbe potuto tornare a tormentare l’anno successivo per il racconto di Natale? Mad Dog tornò indietro nel tempo ed evitò tutto. Come probabilmente sapete da Avengers Endgame questo però non impedirà che esista una realtà alternativa in cui a causa di Mad Dog e di Borgo, c’è l’apocalisse nucleare. Quella realtà esiste ancora. Sono cose che capitano ma quando si scrivono dei racconti di Natale!

Protagonisti

Alice: Chiara Strazzu

Il Bian Coniglio: Borgo

Lo Stregatto: Mad Dog

La Regina di Cuori: Licia Troisi

Il Re di Cuori: Francesco Falconi

Il Fante di Cuori: Sergio

Il Duca: Fabrizio Furchì

Il Brucaliffo: Luca Volpino

Il Topo: Zerov

Il Dodo: Masa

Il Pappagallo: Livio

L’Aquila: Camilla

Il Papero: Andrea

PincoJulia: Julia

PancoSonia: Sonia

Il Cappellaio Matto: Ivano

La Lepre Marzolina: Linda

Il Ghiro: Rachele

Humpty Dumpty: Daniela

La Finta Tartaruga: Pamela

Il Grifone: Odry

La Lucertola: Federica Venefica

La Paladina Bianca: Ciane Nemo

La Regina Nera: Arianna

La Regina Bianca: Lilletta

La Giurata: Simona

Il Tricheco: Luca Tarenzi

La Carpentiera: Aislinn

L’Ambasciatore della Savoia: Valberici

L’Ambasciatore del Gran Ducato di Toscana: Tanabrus

Sara il Re d’Inghilterra: Sara

Mario Pasqualotto: Se stesso

L’Imperatore di Oz: ?


Special Guest Star

Borgo nella parte di se stesso

Francesca Dani nella parte della Regina Francesca Dani

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.